Dieci cose che un italiano all'estero non farà mai
Dieci cose che un italiano all'estero non farà maiAnche se sono nato e cresciuto in terra sicula, l'influsso culturale della mia nuova patria ormai mi sta entrando dentro mischiandosi alla mia vecchia cultura sempre dura a morire. I più razzisti insinuerebbero che da mafioso puro mi sto imbarbarendo: un barbaro mafioso...che il cielo mi assista!
Possiamo dire che: sulla testa dove calzavo solo la coppala, tipico copricapo siciliano, sto posando anche l'elmo con le corna, praticamente indosso una coppola cornuta e ho il gilet nero sulla camicia bianca contornati da vesti di pelliccia grezza. Armato di lupara a canne mozze, brandisco anche l'ascia bipenne. Mentre nella parte inferiore del corpo indosso pantaloni firmati da stilita italiano e calzo sandali sopra le calze.....NOOOO!!! Questo no, va bene prendere a sé la nuova cultura e mischiarla a quella vecchia ma ci sono delle usanze, non solo nel modo di vestire ma anche nella vita di tutti i giorni che noi italiani non potremo mai assimilare e farle nostre.
Qui di seguito vi elenco quelle che, secondo me, sono le dieci principali:
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Svegliarsi all'alba e fare un'abbondante colazione a base d'insaccati riccamente guarnita di affettati vari. A quell'ora l'unica cosa che riesce a mandare giù un italiano è una tazzina di caffè che ci da sostentamento e energia fino al prossimo pasto, solitamente il pranzo.
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Appena svegli, uscire nel balcone mentre fuori la temperatura è abbondantemente al di sotto degli zero gradi per consumare la prima sigaretta della giornata in modo da non inquinare casa. Piuttosto che fumare con cappotto e cappellino di lana, facciamo crescere una patina di catrame e nicotina sulle pareti di casa.
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Telefonare alla famiglia solo se c'è un vero motivo per farlo. Come si può non chiamare le radici, il sangue del tuo sangue almeno una volta a settimana semplicemente per fargli capire che li pensi e gli vuoi bene? Roba che se non ti fai sentire per un mese ti ritrovi la redazione di Chi l'ha visto davanti la porta di casa.
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Essere invitati in un locale italiano e non fare commenti nel vedere gli amici „indigeni“ consumare bruschetta e cappuccino insieme. Al massimo per educazione, aspettarere la prossima uscita e ordinare uno strudel di mela e intingerlo nella più pura birra di malto appena stillata per fargli capire che abominevole combinazione gastronomica hanno mixato loro la volta prima.
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Incrociare il vicino di casa che non vediamo da almeno un mese e salutarlo a stento con un cenno della testa senza nemmeno rallentare il passo. Impossibile non salutarlo calorosamente senza tatuargli sugli avambacci i segni rossi dei nostri polpastrelli e fermarsi a parlare con lui per almeno tre quarti d'ora anche se abbiamo un milione di cose urgentissime da fare.
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Mettere sopra un fumante piatto di spaghetti qualsiasi tipo di formaggio che non sia o parmigiano o grana. Roba da tirare fuori il crocifisso, puntarlo contro la suddetta pasta e contemporaneamente innaffiarla di acqua santa di Loudres per esorcizzare una simile sconsacrazione.
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Stare in religioso silenzio per tutta la domenica soprattutto se hai ospiti o se sei andato a trovarli. Tutto il quartiere, specie se abiti in una periferia di un piccolo comune, saprà che sei in allegra compagnia per questo week-end.
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Essere invitati a cena da qualcuno e presentarsi a mani vuote. Non ci riusciamo. È più forte di noi. Se lo facciamo, tutte le portate della cena ci sembreranno a base di veleno e il tutto ci resterà incastrato nel gozo senza poter ne deglutire ne risputare via tutto per almeno tre giorni.
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Indossare i saldali con i calzini. Piuttosto calziamo gli scarponcini da montagna quando il termometro segna 40 gradi all'ombra o camminiamo con le infradito a piede nudo anche se stiamo attraversando una palude infestata di sanguisughe assassine.
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Scrivere sui social network un post che non sia in italiano. E soprattutto non continuare a scrivere da expat nella nostra lingua madre; a prescindere dal nostro grado di conoscenza del nuovo idioma e da quanto tempo siamo emigrati.